Stai leggendo
Vittorio Lingiardi, L’ombelico del sogno. Un viaggio onirico

Rivista annuale a cura del Centro Italiano di Psicologia Analitica Istituto di Roma e dell’Italia centrale

Invito alla Lettura

2023 Nuova Serie Numero 4 Invito alla Lettura

A CURA DI FRANCESCO DI NUOVO E ROBERTO MANCIOCCHI La rubrica Invito alla lettura propone indicazioni in merito ai contributi più attuali e significativi della psicoterapia con uno sguardo attento agli attuali sviluppi del pensiero teorico; sarà ovviamente presente una forma di dialogo con la letteratura, la filosofia, le neuroscienze e le arti. La rubrica sarà, a seconda dei numeri, completata da una sezione di recensioni, nella quale alcuni psicoterapeuti commenteranno le più interessanti novità del panorama italiano e internazionale.

Vittorio Lingiardi, L’ombelico del sogno. Un viaggio onirico

Forse non è un caso che la psicoanalisi inizi con i sogni, con la loro inafferrabilità e forse non è neppure un caso che l’onirico continui ad essere a tutt’oggi uno fra i territori psichici più enigmatici e oggetto di attenzione da parte di molte discipline. I sogni rappresentano una delle sfide maggiori alla conoscenza scientifica, nonostante i tanti progressi delle neuroscienze; al momento, più in là di una correlazione, sia pure ad alta densità semantica, tra eventi fisici e occorrenze psichiche, non si riesce ad andare. I sogni, come ogni fenomeno psichico, sono fenomeni complessi, sono «l’insondabile interazione tra disposizione genetica, circuiti cerebrali e esperienze di vita». Così si esprime Vittorio Lingiardi nel suo libro in cui esplora il territorio del narcisismo (2021, p. 7), e metterei l’accento sulla ‘insondabilità’ nel cogliere il fondo di questa interazione.

E così le immagini che popolano i sogni sono il risultato di questa interazione complessa, un risultato «imponderabile».

La psicoanalisi, tanto quella più ‘oggettivante’ di derivazione freudiana, quanto quella più attenta alle specificità soggettive che è quella junghiana, rimane saldamente nella sua ‘terra di mezzo’, tra narrazione e scienza, nella sua peculiare posizione epistemologica, e ancora oggi rappresenta la maggiore protezione che viene offerta ai sogni e al sognare.

Faccio volutamente uso del termine ‘protezione’: a dispetto di quanto avrebbe voluto Freud, cioè essere ricordato come colui che ha svelato il mistero dei sogni, i sogni continuano a essere intriganti, non interpretabili e continuano a ‘dare da pensare’.

D’altronde lo stesso Freud, per lo meno un’altra sua parte, aveva parlato del sogno come tenacemente attaccato al suo ombelico e pertanto in presa diretta con un ‘nutrimento’ che viene da un ‘altrove’ non meglio identificato.

 

L’ombelico del sogno è il titolo di questo libro di Vittorio Lingiardi. Sensibile interprete della psicoanalisi, psichiatra e psicoanalista, Lingiardi scrive anche bellissime poesie, mostrando come l’essenziale di una ‘persona’ sia essere creativi e che questa forma-base della psiche rappresenta una qualità che è trasversale alle singole discipline, che tutte le attraversa esprimendo così questa sua caratteristica profondamente umana. I sogni sono «poesie visive della mente» (Lingiardi 2023, p. 149) e sogno e poesia formano «una coppia necessaria». Formare nessi innovativi, non scontati, non ripetitivi, articolare la conoscenza attraverso forme nuove rappresenta senza dubbio una delle più specifiche e migliori caratteristiche umane, migliori sia nel senso più scientifico della sopravvivenza della specie, sia nel senso più umanistico della felicità che ciascun essere umano ha il diritto di perseguire. Le ‘forme nuove’ hanno dentro di sé quello spazio insaturo, hanno l’aria che ne garantisce la piacevolezza della levità.

E quale atteggiamento migliore se non quello creativo nell’affrontare la dimensione dell’onirico? Quale migliore applicazione se non quella creativa per accostarsi al sogno ma anche per preservarlo da tentativi di colonizzazione da parte di una coscienza troppo rigida? Applicarsi creativamente ad un sogno implica rispettarlo nella sua unicità e specificità fenomenica, implica non saturarlo con spiegazioni definitorie o, peggio, definitive; significa anche essere consapevoli dell’ineliminabile apporto soggettivo, significa trattarlo da ‘oggetto’ ma sapendo che è un ‘soggetto’. La disposizione creativa è qualità trans-specifica, che diffonde se stessa in tutte le discipline e attraversa l’intero agire umano. Ma, pur in questa condivisione di base, le finalità differiscono a seconda del campo in cui la creatività si dispiega; così, nella pratica psicoanalitica la creatività è al servizio del benessere dei pazienti, un benessere che si inscrive nella conoscenza che si acquisisce di loro e nella qualità relazionale che si va formando nel corso del procedimento analitico; non è mai a conferma di se stessi in quanto terapeuti, non è esercizio di narcisismo, come lo stesso Lingiardi tratta nel suo Arcipelago N, individuando in questa caratteristica e patologia uno dei mali della nostra società, oggi.

 

Strano il mondo del sogno, «circondato da fosse dove giacciono cose eternamente immerse» (Paul Valery citato da Lingiardi). Contemporaneamente è parte integrante di noi stessi ma continua sempre a sfuggirci, ci appartiene ma è anche altro da noi, un ‘tra’ molto promettente come palestra per esercitarsi nella conoscenza di sé e del mondo che abitiamo. Non possiamo fare a meno di voler stringere il sogno in una forma definitoria, è un nostro preciso e cogente bisogno di fronte a tutto ciò che non comprendiamo, ma quanto più lo cerchiamo tanto più il sogno si sottrae ad ogni comprensione, rivendicando così la sua autonomia.

 

Io vidi una di lor trarresi avante
per abbracciarmi, con sì grande affetto,
che mosse me a far lo somigliante.

Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto!
tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
e tante mi tornai con esse al petto.

Di maraviglia, credo, mi dipinsi;
per che l’ombra sorrise e si ritrasse,
e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.

 

Sono i versi dell’incontro di Dante con Casella nel Purgatorio che sono improvvisamente emersi come ricordo dei miei studi classici.

E, per ironia, per volontà consapevole o per strano scherzo del caso, i capitoli di cui è formato il libro sono tre, tanti quanti i tentativi di Dante per abbracciare Casella, corpo solo apparente, in realtà ombra di se stesso. Nel sogno prevale l’immaterialità del regno delle ombre.

Divinazioni, Interpretazioni, Neurovisioni, sono questi i titoli dei tre capitoli: «divinità, inconscio, cervello» (Lingiardi 2023, p. 11).

I sogni appartengono alla storia dell’umanità e dentro questo alveo devono poter scorrere, i sogni sono come i miti, polivalenti e polisemantici, accompagnano gli uomini nella loro storia, non hanno un punto di inizio e hanno sempre rappresentato l’altra faccia della veglia, quel mondo ‘altro’ che è stato visto con gli occhi della cultura del proprio tempo. Nell’antichità classica erano inviati dagli dei; d’altra parte l’antico rituale greco dell’incubazione, dove il malato veniva posto in una grotta affinché potesse sognare e con il sogno guarire, lo possiamo vedere anche in alcuni rituali sudafricani e di alcuni paesi limitrofi, dove può essere prescritto dal guaritore (sangoma) al ‘paziente’ di ritirarsi in un luogo isolato, dormire e sognare. Forse è troppo audace pensare che un percorso analitico abbia in sé anche qualcosa di questo? Forse non sono più gli dei che mandano i sogni ma, quando questi arrivano e con l’aiuto di uno psicoterapeuta attrezzato, arricchiscono la strada verso una risoluzione in senso terapeutico.

Maestro in questo, Jung che ha rovesciato il sogno sul mito, accentuandone il carattere ‘culturale’. Ma lo stesso Jung, per lo meno un’altra sua parte, definisce il sogno un ‘fenomeno della natura’. Anche qui è in questa ‘terra di mezzo’ che si va a collocare il mondo onirico. La psiche per Jung attraversa i secoli con forme differenti mantenendone però sempre la sua caratteristica principale che è di sottrarsi ad ogni tentativo di afferrarla, forse proprio per questo la psiche è eterna, non muore mai.

E se Jung aveva inserito il fenomeno ‘naturale’ ‘sogno’ tra i miti e la storia delle civiltà, Freud aveva voluto mettere un punto fermo nella decifrazione dell’onirico, aveva segnato il territorio e lo aveva circoscritto e delimitato, evidenziando i progressi della conoscenza che erano stati compiuti. Con Freud – ci dice giustamente Lingiardi – c’è stato un cambio di paradigma nella considerazione del mondo onirico, per cui il sogno non è né l’inviato dagli dei ma neppure quel ‘niente’ come era visto nell’ottocento: il sogno può essere interpretato ed ha un suo significato.

E Die Traumdeutung è «un’opera multipla: un saggio di psicologia, un’autobiografia, un catalogo onirico [sono 226 i sogni contenuti], una creazione artistica, il manifesto di una teoria del funzionamento psichico» (Lingiardi 2023, p. 52). È quindi un’opera multiforme che intreccia considerazioni teoriche con estratti autobiografici di Freud, senza dimenticare che il Sogno di Irma – atto di inizio dell’interpretazione psicoanalitica dei sogni – è un sogno di Freud e non della paziente, ex paziente.

È noto che con l’interpretazione freudiana il sogno è scisso in due, tra il piano manifesto e il contenuto latente, e si inaugura così la ricerca della ‘verità’ del sogno, una ricerca che ha avuto la doppia faccia di dare al sogno una veste veritativa di pregnanza oggettivante ma ha anche avuto quell’aspetto negativo di irrigidirlo in una simbolica precostituita. E fra i vari modelli interpretativi presi in considerazione da Lingiardi, di particolare interesse è il modello di Bion che, in ambito freudiano, ha accentuato il valore conoscitivo e veritativo del sogno per come si manifesta, mettendo in secondo piano la divisione operata da Freud tra il contenuto e la sua manifestazione. Sognare per Bion è quella capacità umana di vivere il mondo della veglia, «è un laboratorio, una cucina, un apparato digerente sempre in attività. […], è un incontro armonico di corpo e mente, di sensibile e cognitivo» (ivi, p. 75). Non più mondo altro, mondo delle ombre e della luna che si alterna con il sole ma ‘funzione’ psichica necessaria per vedere e conoscere la realtà. Anche Bion ha contribuito a impostare il fenomeno onirico attraverso un rapporto differente tra sonno/sogno e veglia, tra coscienza e inconscio, una prospettiva da cui Jung aveva preso le mosse con l’introduzione dei complessi a tonalità affettiva e la considerazione di una psiche in cui coabitano contemporaneamente coscienza ed inconscio, dividendosi gli stessi territori. Sulla vicinanza tra Jung e Bion sono state dette alcune cose e molte ancora potranno essere dette. E se parliamo di cambio di paradigma ogni volta che una rivoluzione scientifica afferma un nuovo modello conoscitivo del reale (Th. Kuhn), Freud è stato il primo a introdurre l’ottica psicoanalitica ma Jung e Bion, spostando l’asse del discernimento tra sonno e veglia, anche essi hanno operato una torsione molto significativa, e di grande impatto, del ruolo dell’onirico nella composizione della psiche.

 

Sogno e neuroscienze, o meglio neurovisioni, come titola l’autore il terzo capitolo. Rispetto alle neuroscienze, che fine fanno i contenuti dei sogni, le immagini, le trame narrative, le bizzarrie, le emozioni? Se i sogni sono ‘figli di un cervello ozioso’, il prodotto di sinapsi cerebrali prive di qualsiasi senso o finalità, cosa sono le immagini oniriche? E cosa si attiva quando ricordiamo un sogno? Sono le domande che più o meno l’autore pone quando affronta il discorso più ‘duro’ delle neuroscienze. Hobson spinge il suo discorso verso gli impulsi neuronali del tronco encefalico, impulsi del tutto casuali che, quando raggiungono la corteccia, questa ne tenta una coerenza, sia pure limitata ed è ciò che sono i sogni: ma i sogni non significano nulla.

Leggi anche
contemporanea

Solms, da parte sua, ha tentato di unire i due principali orientamenti teorici sui sogni e il sognare, le neuroscienze e la psicoanalisi e nasce l’orientamento teorico della neuropsicoanalisi. Ma tra neuroscienze concentrate su elementi cerebrali privi di contenuti significativi e la psicoanalisi attenta prevalentemente proprio alle immagini e alle trame dei sogni, oggi si propende per una ‘terza area’ di funzionamento psichico «in between, un terzo stato tra sonno e veglia» (Lingiardi 2023, p. 109). E di questo oggi si occupano anche i neuroscienziati: c’è correlazione tra l’esperienza onirica e l’attività cerebrale sottostante. Come fa il cervello, in modo autonomo e quindi scollegato dal suo contesto di riferimento da cui prende normalmente gli input sensoriali, a generare un «mondo di esperienze»? Ancora non sappiamo perché sogniamo e in questa lacuna, l’atteggiamento più empirico e pragmatico è da preferire. L’analista farà attenzione al contesto del sogno, al modo in cui è raccontato, alle emozioni che lo accompagnano. Insomma a tutto ciò che di ‘psicologico’ la psicoanalisi sa del sogno.

Ma torniamo al titolo intrigante di Neurovisioni che Lingiardi ha consegnato a noi lettori. Una frontiera promettente nell’indagine neuroscientifica sui sogni è quella dell’equipe giapponese guidata da Yukiyasu Kamitani che è riuscita a ‘leggere’ il contenuto dei sogni della mente di alcuni soggetti proprio nel preciso momento in cui ciò avviene. Attraverso l’uso di alcune macchine ad hoc, si può arrivare a sapere che cosa quella persona realmente vede: infatti è diverso il coinvolgimento delle attività cerebrali se vede un albero o un’automobile. Si sono potute così creare categorie oniriche specifiche. Si è potuto così rendere ‘visibili’ i sogni? Attraverso machine learning e neuroimaging possiamo forse riscrivere, ancora una volta, il rapporto tra sogno e realtà? Si potrà forse giungere ad ‘estrarre’ e manipolare i sogni, come in Inception, il film visionario di Christopher Nolan? Ma Lingiardi saggiamente lo esclude, senza escludere «avanzamenti nel campo della registrazione di ciò che ‘davvero’ sogniamo» (Lingiardi 2023, p. 112).

Ma anche le allucinazioni ipnagogiche, i sogni lucidi, o persino il day dreaming, ‘il sognare ad occhi aperti’, sono tutti fenomeni che tendono a riscrivere quel rapporto tra il sogno e la veglia che da sempre l’umanità si è affannata a descrivere. Fenomeni che pongono le nostre ricerche sempre sul crinale così instabile tra la normalità e la patologia.

Ma i sogni ci fanno viaggiare anche attraverso il tempo, così come si legano in modo stretto alle esperienze traumatiche, personali o collettive che siano. Insomma, i sogni offrono tanto.

E al termine di questa inevitabilmente sintetica e riduttiva carrellata su L’ombelico del sogno, alla cui lettura invito vivamente, concludo con queste parole dello stesso Lingiardi che meglio caratterizzano questo suo recente lavoro:

‘Sogno’ è una parola che fonda la psicoanalisi ma anche ci porta fuori da lei […] Del sogno mi piace che è un pensiero che non sa di pensare, una conversazione tra invenzione, caso e memoria, un colloquio al confine del Sé che avanza a suo rischio e pericolo dicendo molto di noi e della nostra competenza narrativa (ivi, p. 153).

 

Anche perché, come dice il poeta:

 Vicino/e difficile da afferrare è il Dio/Ma dove è il pericolo cresce/Anche la salvezza (F. Hölderlin, Pathmos).

 

 


Bibliografia

  •  Dante Alighieri 1961, La Divina Commedia, a cura di N. Sapegno, Purgatorio, Canto II, vv. 76-81.
  • Lingiardi V. 2021, Arcipelago N: Variazioni sul narcisismo, Einaudi, Torino, Edizione Ebook (Kindle).
  • Lingiardi V. 2023, L’ombelico del sogno. Un viaggio onirico, Einaudi, Torino, Edizione Ebook (Kindle).
View Comments (0)

Leave a Reply

Your email address will not be published.


Quaderni di Cultura Junghiana © 2022 CIPA - Istituto di Roma e dell'Italia centrale Tutti i diritti riservati
È consentito l'uso di parti degli articoli, purché sia correttamente citata la fonte.
Registrazione del Tribunale di Roma n° 167/2018 con decreto dell’11/10/2018
P.iva 06514141008 | Privacy Policy