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Note sul Centro di Consultazione

Rivista annuale a cura del Centro Italiano di Psicologia Analitica Istituto di Roma e dell’Italia centrale

consultazione analitica

2018 Nuova Serie Numero 0 La Consultazione Analitica

A CURA DI CATERINA ROMAGNOLI L’obiettivo di questo spazio è quello di condividere le esperienze cliniche e le attività del Centro di Consultazione Analitica del CIPA. Guidato dallo specifico sguardo della psicologia analitica di Jung, il Centro di Consultazione nasce e opera come Servizio a contesti e luoghi "altri" dalla stanza di analisi. Nello specifico declina il suo operato attraverso l’orientamento alla domanda terapeutica dei pazienti e la consulenza e realizzazione di progetti e iniziative sul territorio.

Note sul Centro di Consultazione

L’attuale configurazione del Centro di Consultazione Analitica (CdCA), con l’adesione sempre maggiore sia di analisti junghiani sia degli allievi della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia, ha potuto ampliare l’ambito delle attività da offrire alle persone che si rivolgono al Centro, rispettando soprattutto i loro mutevoli bisogni di natura psicologica ed emotiva.

Durante l’ultimo anno si è voluto incentivare, soprattutto, il lavoro di équipe, cercando di creare uno spazio di discussione, condiviso ed orientato elettivamente sull’ascolto del consultante da parte del consulente-analista, il quale, in un tempo limitato e determinato, sia in grado di contenere ansie e vissuti emotivi del consultante e permettergli di avere accesso ad una forse ‘prima’ esperienza analitica al di là che il consultante stesso riprenda il discorso con un analista del Centro o altrove.

È maturata, collettivamente, la convinzione che questo primo fondamentale momento rappresenti, per il consultante, ‘la chiave’ per poter, eventualmente, aprire quel suo ‘scrigno segreto’ e avere, in tal modo, la possibilità di dare forma, significato e identità ai turbamenti emotivi e ai disagi che lo hanno spinto a fare questo passo.

Un altro aspetto su cui il gruppo ha molto riflettuto, riguarda l’invio del consultante-paziente all’analista dopo la prima consultazione: A chi inviare? Il consulente-analista come sceglie? Qual è l’indicazione più appropriata per quel soggetto? È opportuno dare alcune informazioni all’analista ricevente, oppure no? Nel caso, quali?

Queste domande ed altre trovano uno spazio di condivisione tra gli aderenti che permetterà di delineare nel tempo la messa a fuoco di una più accurata metodologia per una prima consultazione analitica.

Inoltre, il confronto collettivo degli aderenti al CdCA, caratterizzato dall’avere una natura armonicamente orizzontale, pur nel rispetto dei ruoli, sia come analista sia come allievo, tanto come Responsabile del Centro, ha fatto maturare l’esigenza di uscire all’esterno, dalla stanza di analisi, e proporre, sul territorio, anche in ambito scolastico il peculiare approccio junghiano come strumento di comprensione della complessità dell’essere umano e delle realtà sociali.

In particolare, si è dato vita ad un progetto sulla genitorialità, dal titolo Genitori non si nasce in collaborazione con un’Associazione onlus di volontariato, TreZeroTre, nata per volontà di un nutrito gruppo di genitori all’interno dell’Istituto Comprensivo Via Latina 303 – Roma, a cui fanno capo le scuole primarie di Villa Lazzaroni, Ada Negri e secondaria di primo grado Grazia Deledda. Il progetto, è stato sollecitato da un primo incontro sul tema delle ‘Nuove dipendenze’, svoltosi nella sala della scuola Ada Negri, condotto dai dottori Maria Antonina Cannella e Daniele Rondanini che operano nei servizi preposti alla cura e riabilitazione delle Dipendenze Patologiche. Da questo incontro, i partecipanti hanno richiesto di proseguire con una modalità differente nel trattare tematiche complesse e quindi di poter prevedere percorsi di sostegno psicologico ai genitori più partecipativi ed avere la possibilità di confrontarsi sui loro bisogni e sulle loro esperienze.

Jung, a tal proposito, nelle sue conferenze, parlando del rapporto tra psicologia analitica e problemi dell’educazione, scrive:

Quanto più ‘suggestivi’ sono i genitori, e quanto meno questi ultimi si occupano dei loro problemi (spesso perfino per amore dei figli!), tanto più a lungo e tanto più intensamente i figli devono vivere la vita non vissuta dai genitori e devono compiere per coazione ciò che i genitori hanno rimosso o tenuto allo stato inconscio. […] L’unica cosa che possa preservare il bambino da danni innaturali è lo sforzo dei genitori di non schivare le difficoltà della vita con manovre di simulazione o con l’abilità di rimanere in stato d’incoscienza, ma invece di accettarle come dei compiti, col massimo possibile di onestà davanti a sé stessi, tentando accuratamente di far chiaro proprio negli angoli bui. […] Il problema non è che i genitori commettano errori – sarebbe umanamente impossibile –; ciò che conta è che essi li riconoscano come errori. Non si tratta di far cessare la vita, bensì la nostra incoscienza (Jung 1928, pp. 79-80).

Il percorso ha avuto inizio nel mese di febbraio dell’anno in corso per concludersi ad aprile. Gli argomenti trattati, sono stati scelti in base ad un preliminare sondaggio, proposto ai genitori dell’associazione. I tre gruppi, condotti ciascuno da due aderenti del CdCA, si sono costituiti in base al tema scelto da parte degli stessi genitori.

Ciascun argomento, è stato affrontato in due incontri: il primo argomento era volto al rispetto delle regole e alla funzione educativa del ‘saper dire di no’; il secondo era orientato al periodo dell’adolescenza ed alle sue complessità e problematiche nella crescita; l’ultimo ha trattato le dipendenze dalle nuove tecnologie in età infantile ed adolescenziale.

Con l’attuazione di questo progetto, si è offerta la possibilità ai genitori, spesso disorientati nel loro ruolo di genitori, di dare uno spazio di profondo ascolto e di condivisione emotiva delle loro esperienze. L’approccio non giudicante, venutosi a creare in questo luogo di confronto, ha dato enfasi ad un sincero, liberatorio e costruttivo dialogo sia con i conduttori (analisti o allievi), di ogni gruppo, sia tra i genitori, trovando modo di riflettere, sulla percezione della propria funzione genitoriale e sull’importanza di ogni loro intervento educativo.

Tale esperienza ha motivato gli aderenti a promuovere queste attività in altre realtà scolastiche romane, ponendosi a sostegno del complesso lavoro educativo degli insegnanti e ad ampliare le aree di intervento nel sociale, al fine di diffondere quel modus operandi junghiano, che rimarrà tale pur variando il setting terapeutico e uscendo dalle mura del proprio studio professionale: da una parte, nel far emergere e sottolineare il mondo interno e i vissuti emotivi e affettivi che caratterizzano la vita di ciascun individuo e che possono mettere in gioco l’incontro con l’altro; dall’altra, nel porsi in ascolto del bisogno ed esserci nel dolore dell’altro. Qui si colloca la specificità della psicologia analitica con tutte le sue declinazioni.


Bibliografia

  • Jung C.G. 1928, trad. Psicologia analitica ed educazione, Prima Conferenza, in OCGJ, vol. 17°, Bollati Boringhieri, Torino 1991.
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