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Paulo Barone, Il bisogno di introversione. La vocazione segreta del mondo contemporaneo

Rivista annuale a cura del Centro Italiano di Psicologia Analitica Istituto di Roma e dell’Italia centrale

Invito alla Lettura

2023 Nuova Serie Numero 4 Invito alla Lettura

A CURA DI FRANCESCO DI NUOVO E ROBERTO MANCIOCCHI La rubrica Invito alla lettura propone indicazioni in merito ai contributi più attuali e significativi della psicoterapia con uno sguardo attento agli attuali sviluppi del pensiero teorico; sarà ovviamente presente una forma di dialogo con la letteratura, la filosofia, le neuroscienze e le arti. La rubrica sarà, a seconda dei numeri, completata da una sezione di recensioni, nella quale alcuni psicoterapeuti commenteranno le più interessanti novità del panorama italiano e internazionale.

Paulo Barone, Il bisogno di introversione. La vocazione segreta del mondo contemporaneo

Poniamo l’individuazione, l’eterogeneità come fenomeno primordiale. Ora, ribellarsi significa postulare questa eterogeneità, significa concepirla in un certo modo come anteriore all’avvento degli esseri e degli oggetti.
– E.M. Cioran, La tentazione di esistere

La contemporaneità «siede sopra un vulcano» ‒ scriveva Jung ad Arnold Kübler nel 1942 ‒, e «nel nostro intimo sappiamo che tutto vacilla» (Jaffé 1997, p. 354). La vita è diventata momentanea, provvisoria, per chi non è disposto a caderci dentro una volta per tutte e per chi, soprattutto, non ne accetta l’irrevocabilità: sospeso in uno «spesso strato d’aria» senza entrare in contatto con la realtà in cui si vive, senza portare a compimento la propria entelechia (Jung 1932, p. 76). Una vita momentanea: una vita che evita l’incubo di trovarsi intrappolata in un mondo che non le corrisponde, in una forma che non è la sua, in cui non potrebbe vivere, in cui passerebbe il tempo impaziente e insoddisfatta.

 

Questo è lo scenario dell’uomo contemporaneo che Paulo Barone descrive nel suo libro Il bisogno di introversione. La vocazione segreta del mondo contemporaneo edito da Raffaello Cortina. Uno scenario intorno al quale l’Autore propone una riflessione che esalta l’atteggiamento introvertito quale forma compensatoria dell’atteggiamento dominante estrovertito della coscienza collettiva. In maniera illusoria, apparentemente segnata dalla possibilità di diventare ciò che più si desidera, la contemporaneità ha coltivato intimamente un profondo smarrimento laddove emerge il dubbio e la deludente constatazione che quando tutto è possibile, tutto è identico, nulla ha più valore.

 

La coscienza collettiva sbilanciata a favore di un atteggiamento estrovertito è dominata da forme diverse di esaltazione dell’oggetto. Il dato obiettivo governa le opinioni, gli atti e le decisioni di ognuno (Jung 1921, p. 338). L’irripetibile specificità del soggetto è assorbita dall’egoicità dell’oggetto, sacrificata ad esso. L’adattamento al mondo contemporaneo esige una forma di adorazione all’oggetto: un’adorazione vincolata e circoscritta all’uso abituale dell’oggetto stesso. La simbolica degli oggetti è profanata: ogni oggetto è ricondotto sostanzialmente alla cosa in sé, restituito al suo uso corrente (Agamben 2005, p. 94).

 

Il rapporto col tempo gioca in tutto questo un ruolo fondamentale. La contemporaneità è caratterizzata dal tempo presente, un tempo in cui non appena si presenta è già svanito ‒ scrive Barone nel testo (p. 122). Il risultato è un’esperienza del reale che risulta inconsistente, senza Ombra, sospesa, senza corpo. Evanescente. Una forma di sfinimento, di svuotamento del dialogo vivo con le cose. Neppure si avverte la necessità di assegnare un senso simbolico alle cose, riconoscendo ad esse un valore che possa appartenere anche solo minimamente all’ordine del senso.

 

Già nel 1998 il sociologo francese Alain Ehrenberg aveva descritto il sisma dell’emancipazione della modernità che progressivamente stava realizzando uomini senza guida, chiamati a giudicare e a fondare da soli i propri punti di riferimento:

Siamo divenuti puri individui, nel senso che non vi è più alcuna legge morale né alcuna tradizione a indicarci dall’esterno chi dobbiamo essere e come dobbiamo comportarci. Da questo punto di vista, la contrapposizione permesso/divieto, che regolava l’individualità fino a tutti gli anni ’50 e ’60, ha perduto ogni efficacia […]. Il diritto di scegliere la propria vita e il pressante dovere di diventare se stessi pongono l’individualità in una condizione di continuo movimento […]: la contrapposizione tra il permesso e il vietato tramonta per far spazio a una contrapposizione lacerante tra il possibile e l’impossibile. Per cui l’individualità viene a trovarsi notevolmente trasformata. […] la norma non è più fondata sulla colpa e la disciplina, bensì sulla responsabilità e l’iniziativa (Ehrenberg 1998, pp. 8-10).

La contrapposizione lacerante tra il possibile e l’impossibile si baserà dunque sulla performance, su fattori di potenza individuale. Qui si esprime una delle grandi contraddizioni del mondo contemporaneo Occidentale: da una parte viene annunciata la possibilità per ognuno di poter fare quel che più desidera; dall’altra le esigenze estrovertite dominanti di adattamento collettivo chiedono un’adesione al dato obiettivo, un’adesione omologante, razionalmente condivisibile e riconducibile a certi valori. Il risultato sembra produrre un corto circuito psichico che in certe condizioni viene vissuto come soffocante e angosciante e, in altre, come generatore di risposte evitanti e paralizzanti. Se prevale il dato obiettivo quale riferimento oggettivo dell’atteggiamento estrovertito dominante, il campo delle possibilità diventa un campo che solo parzialmente contempla le variazioni individuative possibili. Il campo delle possibilità è, di fatto, un campo monco che si può esprimere esclusivamente all’interno di un ventaglio di possibilità limitate, riconducibili a fattori ragionevoli e noti.

 

Quello che davvero sembra essere lasciato fuori dal campo delle possibilità del mondo contemporaneo è l’universo dell’irrazionale o per meglio dire ciò che non è funzionale all’adattamento (la seconda forma del pensare, se seguiamo Jung). Se da una parte il dato soggettivo viene meno, ancor di più viene meno il campo dell’irrazionale come luogo emblematico dove si può coltivare ed esprimere l’individualità soggettiva di ognuno.

 

A partire da queste oscillazioni e dal dubbio che la strada tracciata dalla coscienza collettiva contemporanea non restituisca davvero una traiettoria evolutiva di benessere, il bisogno di introversione sembra essere il tentativo psichico di costruire una verità più soggettiva, maggiormente organizzata intorno a bisogni esistenziali più intimi e solidi dell’individuo (e non dell’ego), rispetto ai quali è possibile davvero edificare la propria identità e la propria storia di vita. Ritorniamo a Jung allora, che già nel 1944 invitava gli uomini a «trovarsi soli con il proprio Sé», o con l’oggettività della propria anima; ad «essere soli […] per far l’esperienza di ciò che li sorregge quando non sono più in grado di sorreggersi da sé. Soltanto questa esperienza può fornir loro un fondamento indistruttibile» (Jung 1944, p. 31).

Il tema dell’introversione Paulo Barone lo colloca, come movimento invisibile, al fondo dell’esperienza contemporanea delle società Occidentali. A questo fondo, che svela la traiettoria segreta verso cui il mondo contemporaneo sarebbe orientato, Barone assegna la struttura junghiana del processo di individuazione, valorizzando gli aspetti introvertiti della vocazione: la voce interiore di cui parla Jung.

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Citata nella conferenza del 1932 al Kulturbund di Vienna, pubblicata nel saggio dal titolo Il divenire della personalità (1934), la voce interiore è per Jung un fattore psichico irrazionale. Avere una vocazione significa essere guidati da una voce che «[…] fatalmente spinge a emanciparsi dalla massa e dalle strade già battute. […] Chi ha una vocazione sente la voce della sua interiorità, è chiamato. Perciò la tradizione vuole che egli abbia un proprio démone, da cui riceve consiglio e ai cui ordini deve ubbidire» (Jung 1934, pp. 170-171). La voce interiore assegna un valore di senso alla necessità individuale di sviluppare la propria coscienza, la propria personalità (ivi, p. 178). Declinata in questi termini la vocazione rappresenta specificamente un bisogno che s’impone come necessità irrinunciabile, molto più vicina all’istinto che alle forme del desiderio.

Sviluppare la propria coscienza, dare valore al proprio processo di individuazione, significa certamente aderire ad un processo di sviluppo della propria personalità individuale che viene ad assumere un valore importante e significativo a patto che consegni alla coscienza collettiva una qualche forma di avanzamento e di evoluzione. In questo senso, l’individuazione rappresenta un processo il cui scopo è simile a quello dell’arte: anticipare in maniera intuitiva ciò che la coscienza collettiva non è ancora in grado di cogliere coscientemente.

 

La struttura teorica del processo d’individuazione è utilizzata da Paulo Barone per disegnare la carta del senso che guida il mondo contemporaneo, e con esso viene riaffermato un processo di compensazione psichica sul modello dell’antinomia junghiana: mediante un atteggiamento introvertito, ripiegato in sé stesso, il singolo individuo è chiamato a compensare l’unilateralità della coscienza collettiva. L’oggetto dell’attenzione torna ad essere il soggetto che rientra in sé stesso per riflettere su di sé.

Su questa via l’apertura del testo di Barone si colloca pure, portandola più avanti, dinanzi alla necessità di attualizzare un modello teorico post-moderno d’interpretazione della realtà legato ad una visione più complessa delle cose, dove la stessa visione antinomica della psiche si espande, tra piani e movimenti ‘ecologici’ che in maniera reciproca si influenzano costantemente, come nel nastro di Möbius, realizzando una visione dell’uomo che, posto attivamente nella contemporaneità del mondo, agisce e viene agito dalla complessità delle cose. Un’articolazione evolutiva dell’uomo chiamato a decifrare, interpretare e a nutrire nuove forme di adattamento per rispondere adeguatamente all’esponenziale variazione di un mondo contemporaneo la cui complessità, ramificandosi costantemente, rischia di trasformarsi in un luogo inospitale.

 


Bibliografia

  •  Agamben G. 2005, Profanazioni, Nottetempo, Milano.
  • Cioran E.M. 1956, trad. it. La tentazione di esistere, Adelphi, Milano 2019.
  • Ehrenberg A. 1998, trad. it. La fatica di essere sé stessi. Depressione e società, Einaudi, Torino 2010.
  • Jaffé A. 1961 (a cura di), trad. it. Carl Gustav Jung. Ricordi, sogni, riflessioni, BUR, Milano 2002.
  • Jaffé A. 1997 (a cura di), trad. it. C.G. Jung. Lettere I. 1906-1945, MaGi, Roma 2006.
  • Jung C.G. 1921, Tipi psicologici, in OCGJ, vol. 6, Bollati Boringhieri, Torino 1996.
  • Jung C.G. 1932, trad. it. La psicologia del Kundalini-Yoga. Seminario tenuto nel 1932, Bollati Boringhieri, Torino 2004.
  • Jung C.G. 1934, Il divenire della personalità, in OCGJ, vol. 17, Bollati Boringhieri, Torino 1999.
  • Jung C.G. 1944, Psicologia e alchimia, in OCGJ, vol. 12, Bollati Boringhieri, Torino 1995.
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