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La Scrittura Trasduzionale: voce del Silenzio

Rivista annuale a cura del Centro Italiano di Psicologia Analitica Istituto di Roma e dell’Italia centrale

A tema

2022 Nuova Serie Numero 3 A Tema

A CURA DELLA REDAZIONE Se si dovesse sintetizzare in cosa si esprime l’essenza e lo specifico dell’attività di cura della psiche, si potrebbe riassumerla nel suo continuo ‘stare tra’: Logos ed Eros, esperienza della relazione e possibilità di riflessione, pratica clinica e teoria. La rubrica a tema si pone come uno spazio di confronto, di espressione ed elaborazione di tutte le tematiche che partendo dalla pratica clinica evolvono in visioni della psiche, favorendo la possibilità di mantenere continuamente viva una sospensione che si interroga.

La Scrittura Trasduzionale: voce del Silenzio

Dalla letteratura sulla psicologia dell’arte veniamo a conoscenza che Jung fu il primo ad introdurre nella psicoterapia attività di carattere artistico come via preferenziale per contattare l’inconscio. Rispetto a chi l’aveva preceduto, Jung manifesta il suo dissenso nel cercare a tutti i costi di rintracciare nell’opera i complessi personali dell’autore e di attribuirle un carattere sessuato. Viene messa in discussione l’ermeneutica della psicanalisi freudiana, che intendeva effettuare una personificazione dell’opera d’arte. Jung descrive così il rapporto di causalità tra l’inconscio individuale e l’opera d’arte: «la causalità personale ha con l’opera d’arte la medesima relazione che ha il terreno con la pianta che gli cresce sopra» (Jung 1922, p. 342).

L’opera attinge all’universo dell’inconscio collettivo, laddove l’arte non resta ‘sintomatica’, ma diventa ‘simbolica’. Solo immergendosi nella mitologia inconscia, il poeta raggiunge quindi una pienezza di senso, che va oltre la singolarità, sino a coinvolgere l’intera umanità. Pertanto, anche l’eventuale legame tra creatività e sofferenza psichica (Neumann 1955), non si inquadrerebbe in un approccio causale che considera l’opera quale prodotto della malattia, ma verrebbe reinterpretato secondo una prospettiva finalistica, che proietta ogni accadimento ed ogni fenomeno psichico in un progetto dotato di senso. Essa è quindi una produzione transpersonale: trascende l’individuo, giacché il suo significato non è rinvenibile nella condizione umana che lo ha prodotto. Tale processo di universalizzazione cui l’arte conduce, trasporta l’uomo in uno spazio e in un tempo fluidi. Un importante contributo sulla ‘personalità creativa’ si trova in un famoso saggio del 1955 di Erich Neumann dal titolo L’uomo creativo e la trasformazione (ibidem). Secondo l’autore, l’individuo creativo è colui che riesce a sopportare la contraddizione intrinseca di ogni essere umano, ovvero la scissione prodotta in noi dallo sviluppo della coscienza, il che gli permette di entrare in relazione con la propria matrice inconscia. La grande capacità dell’artista, del poeta, è quella di poter andare oltre il sentimento, di cogliere l’intuizione che conduce verso l’ignoto. Come Neumann vede, infatti, nella psiche uno spazio, un luogo di capacità e attività creative, così Hillman collega la creatività con il ‘fare anima’ (Hillman 1996). Con questa espressione, Hillman si riferisce a quel processo di creazione, rigenerazione, risveglio ed individuazione dell’anima, intendendo con anima il regno dell’immaginale, ovvero quella zona intermedia tra l’individuo e il mondo esterno nella quale gli eventi possono essere trasformati in immagini. Jung elabora il metodo dell’‘immaginazione attiva’ quale strumento potente ed efficace per volgere lo sguardo verso il mondo invisibile che si trova nella nostra interiorità e per permettere all’Io di interagire con l’Inconscio. Jung non raccolse in un singolo volume tutte le sue riflessioni in merito. Troviamo infatti riferimenti vari in molti suoi scritti. Le prime tracce sull’argomento compaiono nel 1916 nel saggio La Funzione trascendente. Attraverso la sua esperienza personale e quella dei suoi pazienti, Jung sistematizzò una forma di meditazione basata essenzialmente sul dialogo interiore con le molteplici personificazioni dell’inconscio; è un’attitudine psicologica centrale e auto-riflessiva che promuove il dispiegarsi della funzione simbolica nell’incontro interiore con l’Altro. Dando forma e spazio alla tensione implicita nel contrasto tra posizioni divergenti, l’immaginazione attiva si propone di creare simboli unificanti che, nel contenere e trascendere entrambe le posizioni, possano indicare nuove possibilità e facilitare il processo di individuazione. L’elaborazione del metodo è strettamente legata al lavoro che Jung fece su se stesso e in particolare sulle intense esperienze di confronto con l’inconscio che caratterizzarono gli anni 1912-1917, di cui abbiamo diretta testimonianza ne Il libro Rosso. Fondamentale per Jung era lasciar vivere i contenuti dell’inconscio senza doversi affrettare ad interpretarli ed a cercare una spiegazione logica. Questa nuova concezione presuppone dunque la morte del ‘Principio Eroico’: «è solo grazie all’uccisione dell’eroe, avvenuta al di fuori di ogni intenzione, che il nuovo Dio può rinascere» (Jung 1913/1930, p. 242); l’eroico spirito del tempo che con il suo disprezzo verso l’irrazionale ha spento il sapere del cuore. Il metodo dell’immaginazione attiva non dà dunque tanto spazio al sapere erudito, intellettuale, al giudizio; ci invita ad accogliere quanto di più assurdo possa emergere dall’inconscio, nella tolleranza del non-senso. Ricollegando l’immaginazione attiva al processo creativo, risulta infatti che la forma d’arte in assoluto più autentica ed evoluta – da lui chiamata ‘creazione visionaria’ – è quella in cui l’artista è disposto ad assumere la sostanziale estraneità dell’opera, come un’attività che non può essere del tutto guidata o assimilata. L’immaginazione attiva si basa su due concetti complementari: lasciar accadere (o lasciar emergere) e venire a patti con l’inconscio. Nell’ambito di queste due azioni si possono poi distinguere cinque principi o fasi fondamentali:

  1. Creare un vuoto psichico che apre lo spazio al lasciar accadere. Per iniziare un’immaginazione attiva è opportuno infatti entrare in uno stato di rilassamento che permetta di avvicinare la soglia della coscienza a quella dell’inconscio. È necessario trovarsi in un ambiente tranquillo ed essere pienamente presenti.
  2. Concentrare la propria attenzione sull’immagine che emerge, con atteggiamento di apertura e accoglienza in quanto l’immagine che scaturisce è, per usare le parole di Jung, ‘gravida’ nel senso che è capace di sviluppare altre L’attenzione va tenuta per un tempo necessario; solo allora è possibile iniziare a porre domande all’immagine.
  3. Dare forma, trovare una modalità espressiva per oggettivare quanto sta accadendo. Jung mostrò sempre un atteggiamento di curiosità e apertura rispetto alle diverse modalità espressive; non la sola scrittura, ma anche la pittura, la danza, le arti drammatiche, poetiche, plastiche o sonore che di volta in volta l’immaginazione poteva Egli si mostrò sensibile all’eventualità che si potesse passare fluidamente da una forma all’altra a seconda delle tendenze individuali e del momento psichico di ciascuno.
  4. Avviare un confronto etico tra l’Io e l’inconscio. Questo comporta prendere sul serio i messaggi che provengono dall’inconscio, mantenendo lo stesso atteggiamento etico che si avrebbe nei confronti di una situazione La coscienza valuta se è il caso di accogliere o respingere le diverse soluzioni che si possono presentare. Il termine‘attiva’ si riferisce proprio al ruolo discriminante dell’Io discriminatore nei confronti delle personificazioni dell’inconscio.
  5. Viverla nella vita. Jung raccomanda di assumere la condizione affettiva come punto di partenza del procedimento e, in un secondo momento, oggettivare attraverso una qualunque forma espressiva tutto ciò che scaturisce da questo stato di concentrazione. In tal modo la coscienza presta i suoi strumenti espressivi ai contenuti dell’inconscio e dà inizio all’attività di dialogo L’affettività ha un ruolo centrale nell’immaginazione attiva: per Jung infatti, ‘affetto’ è sinonimo di emozione e di radicamento corporeo. Joan Chodorow (1997) ha ampiamente illustrato come l’emozione/affetto, in quanto percepita sia sul piano somatico che su quello psichico sia di per sé un ponte che tiene uniti corpo e psiche. Quindi nell’immaginazione attiva, lo stato iniziale di vuoto psichico, un vuoto ‘pieno’ di potenzialità, si popola gradualmente di personificazioni dell’inconscio che poi, grazie alla concentrazione dell’atteggiamento cosciente su di esse, diventano gravide e si modificano in virtù dell’essere osservate. A differenza delle altre tecniche immaginative, qui l’Io non si mette nei panni di un personaggio, ma si rivolge a un’immagine dell’inconscio e aspetta una risposta da parte di quella immagine, risposta che ovviamente non può essere prevedibile ed ovviamente desta una sensazione di sorpresa.

Un esempio attuale e peculiare di come la pratica dell’immaginazione attiva possa costituire una via preferenziale per un processo di ‘riparazione psichica’ ci viene dalla testimonianza dell’autrice Laura Grasso, che in carcere ha svolto con i detenuti degli incontri di Scrittura Trasduzionale. L’approccio di Laura Grasso si pone in continuità con le considerazioni fatte, mentre il termine ‘Scrittura Trasduzionale’ è un’espressione che è stata coniata dalla stessa scrittrice per indicare una ‘scrittura automatica’ nella quale, però, viene messo in evidenza l’aspetto decisionale e intenzionale di servirsi della propria capacità di ‘ricezione’. L’aggettivo ‘trasduzionale’, frutto anch’esso di una trascrizione ‘automatica’ della scrittrice, deriva dal concetto di ‘trasduzione’, preso in prestito dalla Fisica ed indica il processo di conversione di una particolare forma di energia tramite uno o più sistemi di trasformazione. Lo scrittore si comporta come un sistema radiofonico così composto: un circuito Sintonizzatore, un Rilevatore e un Trasduttore acustico. Il Sintonizzatore entra in Risonanza [1] con onde a determinata frequenza; il Rilevatore discrimina la componente del segnale che si vuole ascoltare; il Trasduttore acustico converte il segnale in onda sonora.

Al pari della radio, sostiene Grasso, l’essere umano è dotato della facoltà di indirizzare il pensiero tramite la propria intenzione verso determinate sintonie e frequenze, in base ad un analogo meccanismo di risonanza; in altre parole può stabilire arbitrariamente l’argomento, il titolo della scrittura che andrà a comporre. A questo punto tali frequenze potranno essere captate dal ‘Rilevatore’ e Trasmutate in parole.

La componente trasduttrice vera e propria è, secondo Grasso, il Silenzio attivo: si tratta di un silenzio incentrato sull’ascolto. Tale Silenzio non è il nulla o semplicemente assenza di suono, quanto piuttosto una sostanza dal potere risanante e rigenerante, nonché attivante; quando ascoltiamo senza interferire, scopriamo spazi di libertà dove le nostre capacità hanno modo di attivarsi. Il Silenzio ci muove verso l’espressione di esse: può diventare Poesia o qualsiasi altra forma d’arte, quella in cui ognuno può raccontare la sua assoluta unicità. Anche Jung, quando si riferisce al ‘vuoto psichico’, mette l’accento sull’importanza del raccoglimento nel silenzio e in uno spazio protetto, che apre la vista interiore, favorisce l’incontro con se stessi e con l’Altro e innesca la funzione simbolica. Mediante le metodologie proposte è possibile recuperare quel sapere integrato intuitivo-cognitivo-spirituale che corrisponde ad un’antica sapienza, per lo più perduta e sconosciuta: ciò che caratterizza la veridicità dell’esperienza è invero la sorpresa e la meraviglia dell’Io al cospetto delle impreviste risposte da parte di ciò che è assolutamente ‘Altro’. Per tornare alla radio, possiamo immaginare che le bande di frequenze con le quali sintonizzarsi siano collocate a diversi livelli di profondità, che si dispiegano in funzione della nostra capacità di ‘fare Silenzio’. Nella zona di massima profondità si esprime l’originalità assoluta, l’originalità della nostra essenza, del nostro materiale inconscio collettivo e individuale. A livelli più superficiali possono invece venir prodotti quei ‘pensieri che pensiamo di pensare’, ma che il più delle volte non sono veramente nostri; semplicemente viaggiano nell’etere a frequenze che siamo in grado di percepire per risonanza simpatica. Secondo Grasso, questo Silenzio, che in definitiva corrisponde ad uno stato di estrema quiete interiore, non è una prerogativa di pochi eletti, ma può essere raggiunto da tutti attraverso l’esercizio. Grasso, in particolare, si serve di alcune tecniche di rilassamento, meditazione, respirazione e visualizzazione, mutuate dalla tradizione cinese, per agevolare l’emergere del Silenzio. Inoltre il metodo proposto implica un training energetico oltre che fisico. Affinché corpo e mente possano allinearsi con quelle funzioni più sottili che permettono di accendere la cosiddetta radio, dovranno essere previamente riequilibrati e armonizzati. Le parole che emergono dal silenzio hanno potere riabilitativo; sono parole speciali, perché vengono estratte da un universo incontaminato. Sono la rappresentazione di quel mondo situato in profondità abissali, che non è sottoposto alle perturbazioni della superficie; parole distillate, circondate dalla pace che le ha prodotte e pertanto rassicuranti, non solo per chi le scrive, ma anche per chi le legge. L’eco silenziosa che fa risuonare ogni parola è il contrassegno inconfondibile dell’autentica poesia e più il verso proviene dal profondo, più è in grado di avere valenza universale e di risuonare intensamente nella coscienza di chi lo legge. Le parole trasduzionali sono messaggere di un significato ben preciso e circoscritto; come dice la scrittrice ‘sono tagliate con il coltello’ ed esse stesse tagliano, lambiscono, senza ferire, la nostra intimità.

Le pratiche proposte si rivelano come strumenti riabilitativi a valenza artistica e psicologica. Attraverso queste pratiche i detenuti possono infatti volgere lo sguardo verso l’interno, ricontattare il Puer, perdonarsi, ritagliarsi spazi di libertà e ricucire i brandelli della loro storia. Sono forme di auto-cura, viaggi iniziatici che richiedono di partire a mani vuote, lasciando indietro ciò che si possiede, per permettere profonde e radicate trasformazioni. Durante i laboratori di Laura Grasso, sin dai primi esercizi di respirazione, i detenuti sembrano rinascere: si accorgono gli uni degli altri, sorridono, si abbracciano, si consolano, ringraziano e, soprattutto, ritornano a sperare; ad immaginarsi in un futuro. Le persone con cui Grasso lavora in carcere non sono abituate a scrivere e, nella maggior parte dei casi, possiedono un livello di scolarizzazione elementare; ciò non costituisce in alcun modo una discriminante per l’efficacia del metodo, né per la qualità artistica del componimento prodotto.

Le scritture dei detenuti difficilmente parlano di spazi chiusi, ma bensì di libertà e di bellezza. È la celebrazione del sapere, il trionfo della gioia e della vita: molto spesso frutto di tali trascrizioni sono parole di sostegno e di amore che ci invitano a perdonarci e a perdonare, ad aprire gli orizzonti della nostra mente e del nostro sentire. Sono componimenti [2] ricchi di speranza, di contenuti autobiografici e di storia; ragione e testimonianza della loro rinascita.

 

Madre

E vivo come il gigante scendo giù nel villaggio del cuore E tu, filata, velata nell’aria,
appari, come un cambio di stagione truccata dal tempo
ma non invecchia mai il tuo sentimento…
Firmato: Quel precipizio vivace di tuo figlio [Giampiero]

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Non sai che un giorno ci rivedremo e tutto sarà colorato delle cose che non ti ho detto…
[Maurizio]

Se è vero che nel dolore e la sofferenza l’uomo forgia la sua anima
allora sono pronto per un’altra battaglia un’altra sfida, un’altra vita
Sole, mare, vento, caldo, freddo montagne, campi di grano ulivi, viti, latte,
tradizioni, folklore, feste, sagre, pesca, duro lavoro
Amore
[Domenico Antonio]

Note

  • [1] La Risonanza (R) in fisica quantistica è la capacità di due oggetti o di un sistema di oscillare ad una certa frequenza. La R implica quindi un atto di comunicazione, uno scambio di informazioni. Nell’universo tutto è in risonanza e l’essere umano è collegato tramite risonanza nel tempo e nello spazio al suo ambiente, gruppo, alla società, alla natura ecc.
  • [2] I componimenti presentati sono stati selezionati dalla raccolta Scritture dal Silenzio (Grasso 2017).

Bibliografia

  • Carotenuto A. 1984, Jung e la letteratura, in «Rivista di Psicologia Analitica», 30, Astrolabio, Roma.
  • Chodorow J. 1997, C.G. Jung on active imagination, Routledge New York, London. Grasso L. 2010, Sibylla, Albatros Editore, Roma.
  • Grasso L. 2017 (a cura di), Storie di Regina Coeli Scritture dal Silenzio, Oltre la ronda, n. 1. Hillman J. 1996, trad. it. Il codice dell’anima, Adelphi, Milano 1997.
  • Hillman J. 1999, trad. it. Puer Aeternus, Adelphi, Milano.
  • Jung, C.G. 1913/1930, Il libro Rosso-Liber Novus, Bollati Boringhieri, Torino 2010.
  • Jung, C.G. 1916/1957, La funzione trascendente, in OCGJ, vol. 8, Bollati Boringhieri, Torino 1976.
  • Jung, C.G. 1922, Psicologia analitica e arte poetica, in OCGJ, vol. 10*, Bollati Boringhieri, Torino 1985.
  • Jung, C.G. 1930/1950, Psicologia e poesia, in OCGJ, vol. 10*, Bollati Boringhieri, Torino 1985. Neumann E. 1955, trad. it. L’uomo creativo e la trasformazione, Marsilio, Venezia 1993.

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