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Bianca Gallerano e Alessandra Albani (a cura di), Madri e figlie tra identità e differenza(e). Prospettive teorico-cliniche in un orizzonte junghiano

Rivista annuale a cura del Centro Italiano di Psicologia Analitica Istituto di Roma e dell’Italia centrale

La follia: modelli della psiche e approcci terapeutici La psicologia analitica a 100 anni dalla nascita di Franco Basaglia

2024 Nuova Serie Numero 5 Invito alla Lettura Monografia Franco Basaglia

A CURA DI ROBERTO MANCIOCCHI La rubrica Invito alla lettura propone indicazioni in merito ai contributi più attuali e significativi della psicoterapia con uno sguardo attento agli attuali sviluppi del pensiero teorico; sarà ovviamente presente una forma di dialogo con la letteratura, la filosofia, le neuroscienze e le arti. La rubrica sarà, a seconda dei numeri, completata da una sezione di recensioni, nella quale alcuni psicoterapeuti commenteranno le più interessanti novità del panorama italiano e internazionale.

Bianca Gallerano e Alessandra Albani (a cura di), Madri e figlie tra identità e differenza(e). Prospettive teorico-cliniche in un orizzonte junghiano

Partendo da una prospettiva complessa declinata a più voci, il volume affronta e approfondisce il tema dell’essere madri, fornendo una panoramica ampia e trasversale sulle molteplici dimensioni che questa espressione racchiude. Il vertice di osservazione particolarmente fecondo è quello di un insieme di riflessioni maturate e confrontate all’interno di un gruppo di ricerca teorico-clinico del CIPA (Istituto di Roma e dell’Italia centrale) dal titolo Il tema della genitorialità. Il lavoro clinico con le madri. Le esperienze vissute da dieci analiste nel corso del lavoro psicoterapeutico si intersecano con chiavi di lettura che, mai univoche ed esaustive, diventano strumento di esplorazione delle dimensioni intrapsichiche e relazionali, portando alla luce i nodi profondi e intricati sollecitati dalla genitorialità.

La cornice della visione junghiana fa da orizzonte, conducendo in quel substrato ancestrale che la parola madre contiene, in quel territorio immenso nel quale si incontrano e scontrano archetipicamente i temi della generatività, del maschile e del femminile, della natura e della cultura, della religione e della scienza, della vita e della morte. Nelle storie cliniche esposte nel testo questa complessità si coagula nelle rappresentazioni psichiche e nelle immagini di madri e figlie, nei loro dolorosi vissuti e nel racconto dei faticosi tentativi di riconciliare nella stanza d’analisi i vissuti personali delle donne, la loro adesione intima all’essere madri, inconsciamente embricati con le componenti sovrapersonali, trans-generazionali e culturali. Il tema annunciato nel titolo, identità e differenza(e), suggerisce dunque un passaggio sfumato, e cioè che quando si parla di madri e figlie non è solo in gioco la relazione interpersonale, ma si affonda nella dimensione intrapsichica, soggettiva, dell’individuazione femminile e delle sue molteplici ma talvolta anche difficili possibilità trasformative. Sembrerebbe questo il fil rouge che collega i diversi capitoli. Non a caso si parte dal nucleo fondativo della maternità che è la relazione di coppia, come emblema della coniunctio esterna e interna tra maschile e femminile, che diviene generativa a condizione che vi sia disponibilità e possibilità psichica di accedere ad una loro integrazione. Si continua con la riflessione su quello che accade quando un destino avverso ferisce il materno, come nel caso di figli con gravi patologie psico- fisiche, dove il dolore e la disperazione fanno cortocircuitare le possibilità di accedere a possibili elaborazioni di senso. Su un piano analogo di difficoltà, si collocano i racconti di casi clinici in cui si manifesta, in tutta la sua potenza, quel nucleo arcaico sotteso al complesso materno, che costringe la coppia madre-figlia in una identità inconscia e in una simbiosi inestricabile. Rimane nel territorio paludoso del materno negativo, primitivo e della violenza agita e fantasticata di questa dimensione, l’esposizione di storie di donne, fuggite dalle loro terre e dalla impossibilità di essere “altro” rispetto ad una cultura di appartenenza arcaica o a donne inconsciamente agite da temi transgenerazionali mortiferi.

Il cerchio delle riflessioni si chiude con il tema di apertura, riportando sulla scena il lavoro terapeutico di coppia come via d’accesso alla possibilità di trasformazione individuale. In questa visione caleidoscopica e plurale delle multiformi dimensioni che avvolgono il materno, soprattutto nelle forme più insidiose e oscure che il nostro lavoro terapeutico incontra, si rendono sempre più necessari degli approcci multidisciplinari e delle competenze specialistiche che, come rappresentato nell’ultimo capitolo, cooperino nel lavoro di cura, facendo convergere tutte le energie e le conoscenze per metterle al servizio di circostanze estreme.

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In conclusione, degna di nota è la considerazione che la centralità e la potenza del tema della Madre per la psicologia e la psicoanalisi, insieme alle teorizzazioni sulle competenze emotive necessarie per una buona genitorialità, può trascinare l’analista in una idealizzazione tale della buona maternità da far perdere di vista dove psichicamente sta il paziente. Occorre, come suggerisce Jung, sacrificare l’intelletto e lasciare spazio al sentimento, aprire lo sguardo alle diverse visioni personali e teoriche, integrarle e utilizzarle come strumenti di lavoro e non come dogmi, metterle a disposizione della cura dell’Altro e delle sue potenzialità trasformative.

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