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Editoriale

Rivista annuale a cura del Centro Italiano di Psicologia Analitica Istituto di Roma e dell’Italia centrale

QCJ cover 2023

2023 Nuova Serie Numero 4 Editoriale

Editoriale

«La realtà è inequivoca», premette W.R. Bion nell’introdurre il suo lavoro forse più affermato, accettato e conosciuto: Apprendere dall’Esperienza (Astrolabio, Roma 1962, p. 7) «per questa ragione l’analista e l’analizzando possono facilmente indulgere a ritirarsi dall’esperienza» (ibidem), rifiutando di accettare la dolorosa frustrazione di poter stare solo dentro il limite dei continui equivoci del discorso (i riferimenti segnici, appunto, che rimandano continuamente rispetto a una realtà mai afferrabile completamente e ‘una volta per tutte’ da parte di qualunque dire).

Questa indicazione, che Bion riferisce all’impresa psicoterapica, crediamo valga massimamente per un discorso sul senso.

Il senso è, innanzitutto, un termine linguistico che indica e supporta una pluralità di possibili immagini e significati. Qualunque affermazione che volesse pretendere assolutezza e compiutezza si rivelerebbe già ‘priva di senso’ in quanto inconsapevole del proprio limite; potremmo dire che stare fin dall’inizio ‘nel senso’ finisce proprio per svilirlo. Il termine va dunque declinato in relazione a una polarità di gamma che potrebbe andare dal contesto religioso a quello scientifico (facendo solo presente, di sfuggita, che le pretese di ‘neutralità’ della scienza si scontrano poi con potenti pratiche quotidiane intrise di spinta al raggiungimento di scopi carichi di un ‘senso materialisticamente connotato’).

Diverso è un tipo di discorso che ci pone in una prospettiva che valorizza il processo, il percorso. Qui solo la continua ricerca di senso, non il suo raggiungimento definitivo, determina la possibilità di farne esperienza (in quanto non si dà esperienza senza distanza dall’oggetto dell’esperire).

Queste note preparano dunque il lettore alla frustrazione dell’assenza e della distanza. Chi comincerà a leggere viene avvertito: non troverà ciò che cerca se chiede risposte assolute, esaustive. Tali risposte non possono essere messe in parola ma solo esperite, sono le risposte del Mistico inteso a la Wittgenstein, non i continui tentativi del discorso.

E proprio un tale discorso incontra, oggi, molteplici difficoltà.

Non è nuovo a questi disagi: la sua problematica collocazione è iniziata probabilmente molto tempo fa, ai tempi della ‘Grecia’. Da quando, come ha scritto Jung, ‘gli dèi sono diventati malattie’. La sua crisi tuttavia si è decisamente accentuata nella modernità. Non che ne manchi la richiesta, al contrario, nella stanza d’analisi sempre più possiamo confermare l’osservazione dello stesso Jung che la sensazione di mancanza di senso è la prima causa della nevrosi. Il problema, come dicevamo, sembra collocarsi piuttosto nella frenetica richiesta di risposte, al punto che, in merito, è possibile affermare qualcosa di simile a quello che scriveva Roland Barthes sul discorso amoroso, denunciando l’estrema solitudine di una condizione di ricerca, dato che un tale discorso:

è parlato da migliaia di individui […] ma non è sostenuto da nessuno; esso si trova ad essere completamente abbandonato dai discorsi vicini: oppure è da questi ignorato, svalutato, schernito, tagliato fuori non solo dal potere, ma anche dai suoi meccanismi (scienze, arti, sapere) (R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi, Torino 1979, p. 4).

Accompagnati da tali premesse e consapevoli della problematicità dell’impresa nel contesto presente ci siamo inizialmente rivolti a quella sorta di magazzino infinito di informazioni (da non scambiare per ente intelligente) che è Chat Gpt (visto il titolo del numero, facente riferimento alla condizione attuale della società occidentale, ci sembrava l’interlocutore più appropriato…).

Questo lo scambio:

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setting fuori luogo

Curatori: «Mi puoi parlare del senso?»

Chat: «Il discorso sul senso della vita continua a essere una sfida complessa e soggettiva per molte persone. Al giorno d’oggi, molte persone cercano significato attraverso connessioni umane più profonde, lo sviluppo personale, il contributo alla società e la ricerca di un equilibrio tra benessere personale e obiettivi significativi. Le pratiche di mindfulness, la consapevolezza emotiva e lo sviluppo di uno stile di vita che riflette i valori personali sono diventati importanti nell’esplorare il senso della vita per molti individui. Tuttavia, le prospettive sul significato possono variare notevolmente da persona a persona, basandosi sulle esperienze di vita, le credenze e i valori individuali».

La diplomatica e asettica risposta di Chat lascia intravedere la questione cardine del momento attuale, emblematicamente evidenziata in questo insieme di informazioni ricevute.

L’esserci in un eterno presente ha posto i suoi tabù: il negativo, la morte, l’oblio, l’assenza, la solitudine, il nulla, ecc. ecc. non hanno, per così dire, buona stampa. Con J. Hillman questi sono argomenti dei quali, da almeno cinquanta anni, è pericoloso parlare, se non per trattarli con distacco o, all’opposto, mediatico clamore, come se non potessero e dovessero appartenere alla fatica della quotidianità. La nuova ‘religione’ tecnocratica prospetta all’individuo una vita sempre più lunga e centrata sull’edonismo: si può rimanere sempre più giovani, si può e si deve essere sempre più ‘sanati’, anche e soprattutto rispetto alle ‘ferite dell’anima’; il senso è ormai cosa astratta, è diventata parte di quelle che vengono spesso definite ‘sterili discussioni’, dai connotati religiosi, teologici, superstiziosi o, al meglio, come suggerisce Chat: ‘meramente soggettivi’, discorsi che escludono proprio quella caratteristica della quale si parlava su: la persistente, non evitabile ricerca. Una condizione questa in effetti che richiama il Freud più ‘positivista’ che, parlando da un vertice psicoterapeutico, sosteneva che già arrivare a porsi domande sul senso è segno di una condizione psicopatologica nevrotica, una condizione di disadattamento caratterizzata dalla presenza di pericolose fantasie che portano lontani dalla relazione con l’altro e dal principio di realtà.

Poco convinti dalla risposta su riportata abbiamo allora chiesto aiuto agli autori del presente numero ai quali, a questo punto, lasciamo la parola.

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